Storie dei pazienti

Come vive un figlio la malattia della madre ?

Questo è il testo dell'intervento che Gino, figlio di una paziente, ha fatto al convegno"Le malattie rare al S.Gallicano" il 27 febbraio 2013 a Roma

Buon pomeriggio a tutti e grazie per avermi dato la possibilitĂ  di intervenire.

Sono il figlio di una persona affetta da alcaptonuria e vorrei brevemente provare a darvi un punto di vista diverso sulle malattie rare.

La mia sensazione, osservando dall’esterno il mondo delle MR, è prima di tutto che la condizione delle persone affette da MR è in qualche modo opposta a quella della comunità scientifica: i medici, con i pochi mezzi che hanno a disposizione inseguono la malattia per tentare di sconfiggerla, le persone affette da MR invece, con ancora meno mezzi, scappano dalla malattia per poter vivere il tempo che gli è concesso, nel miglior modo possibile.

Purtroppo non sempre ci riescono. Non sempre trovano l’aiuto che gli servirebbe, che vorrebbero, che gli spetterebbe.

In questa sorta di fuga da un lato e di rincorsa dall’altra, in mezzo ci siamo noi familiari che ci troviamo a dover mediare i rapporti tra la persona affetta da MR da un lato e i medici e le istituzioni socio assistenziali dall’altro.

E questo perché? Perché le malattie rare incurabili, specie se degenerative, pongono chi ne è affetto in una condizione psicologica estremamente gravosa che, soprattutto nella terza età, può comprometterne l’equilibrio psichico, trascinando la persona in stadi depressivi che inevitabilmente peggiorano anche la condizione clinica complessiva.

Le persone affette da MR orfane di cure sono anche di fatto orfane del diritto fondamentale della salute che lo Stato dovrebbe tutelare in virtĂą del articolo 32 della Costituzione.

Queste persone si trovano ad affrontare una lotta quotidiana contro la malattia che è essenzialmente solitaria. E’ allora di grande aiuto avere accanto una persona, quasi sempre un familiare che ti capisce, ti sostiene, ti accompagna e purtroppo lotta con te a volte anche contro le istituzioni e qualche volta i medici stessi

Brevemente vorrei raccontarvi due episodi a mio avviso emblematici:

Dopo il primo intervento all’anca, con relativa lesione del bacino in fase di protesizzazione dell’acetabolo, mamma è stata costretta a 40 gg a letto supina. Abbiamo richiesto la 104 per poterla assistere più facilmente e quando è arrivato il verbale abbiamo scoperto che le era stata riconosciuta ma solo per un anno, poi avrebbe dovuto essere nuovamente esaminata dalla commissione.

Due sono le possibili ragioni di questa scelta: o il medico legale conosceva la dottoressa Santucci che gli ha rivelato che da li a breve avrebbe trovato la cura e quindi mamma sarebbe guarita, oppure il medico legale non sa cosa sia l’alcaptonuria. Sapete cosa è successo l’anno dopo? Mamma ha dovuto sostituire la valvola aortica ostruita per via dell’alcaptonuria, l’anno dopo ancora ha messo la protesi anche all’anca sinistra e questa volta con la frattura completa dell’acetabolo sempre durante l’intervento e 60 gg di post operatorio a letto e l’anno dopo ancora la rottura del tendine d’Achille, non durante una partita di calcetto.

Il secondo episodio è proprio di questi ultimi giorni:

Anche le ginocchia cominciano a far male, l’ortopedico consiglia di provare con un tutore e ne prescrive uno per quello più dolorante. Effettivamente va meglio e quando dopo qualche mese anche l’altro ginocchio diventa molto dolorante le prescrive anche il secondo. Mentre il primo ci viene pagato dalla ASL, il secondo no. Chiediamo spiegazioni e la risposta è “Non si può avere più di un ausilio ortopedico all’anno dello stesso tipo”. Obiettiamo che le ginocchia sono due ma ci rispondono che dalle prescrizioni del medico non si capisce. Infatti nella prima non era stato specificato il ginocchio, nella seconda si e qui potrebbe trattarsi dello stesso. Per cui noi adesso stiamo rincorrendo il primario di ortopedia dell’ospedale perché tra l’altro quando hai una malattia che pochi conoscono, non ti fidi di farti visitare da chiunque ma vai da chi speri ne sappia di più. E per una cosa che le spetta e di cui ha urgente bisogno dobbiamo chiedere la cortesia al medico di riscrivere sulla prescrizione ”si richiede tutore per ginocchio destro avendo già prescritto lo stesso tutore per il ginocchio sx”.

Il problema a mio avviso non è la rigidità di chi valuta, commissione ASL, ufficio protesi o chiunque altro, il problema è che una persona affetta da MR non dovrebbe dimostrare la difficoltà di convivere con la sua malattia, né davanti ad una commissione ASL né davanti a nessun altro. Le andrebbe riconosciuta a priori, almeno finché non gli si garantirà una cura adeguata. Questa inadempienza dovrebbe essere almeno risarcita sotto il profilo assistenziale risparmiandogli tra l’altro l’umiliazione di essere esaminati da chi ti guarda come se fossi un marziano o peggio ancora uno che ci prova.

Potrei raccontarvene ancora molti di episodi, a partire da qualche ortopedico che spalanca gli occhi alla parola alcaptonuria ma mi fermo qui.

Converrete quindi con me che si potrebbe fare ancora molto per migliorare la qualità della vita delle persone affette da malattie rare, non solo sotto l’aspetto scientifico della ricerca.

Credo sia ormai tempo di riconoscere formalmente i diritti delle persone affette da MR senza doverli faticosamente rivendicare, barattare, mendicare.

Ma le persone affette da malattie rare non sempre possono farlo da sole, le loro energie le spendono già ampiamente per tener testa alla malattia. Devono mettersi insieme come associazioni, onlus, ong, quello che vogliono ma devono farlo insieme, insieme ai familiari, insieme a chi vorrà aiutarle perché se la malattia è rara, la dignità ed il diritto di vivere il più serenamente possibile non può e non deve più esserlo.

Grazie per l’attenzione.

La situazione di Salvatrice

Mi chiamo Salvatrice, ho 74 anni e sono affetta da alcaptonuria. Sono venuta a conoscenza di questa patologia verso i 40 anni a seguito di una radiografia fatta alla colonna vertebrale. Il radiologo mi informava che avevo una degenerazione molto avanzata per la mia età quindi mi consigliava di fare delle analisi specifiche perché secondo lui io ero affetta da AKU. Successivamente le analisi hanno confermato il suo dubbio.

Sono così cominciate le arie visite ma senza alcuna cura perché, essendo una malattia rara con pochi pazienti, le case farmaceutiche non investono in questa ricerca.

Ho fatto e faccio tuttora una dieta aproteica ma il risultato è nullo.

Nel mio caso specifico posso dire che la miglio cura, se così si può chiamare, è la fisioterapia; questa mi da tonicità ai muscoli e mi aiuta a stare in piedi.

Con il tempo la malattia mi ha distrutto la cartilagine e di conseguenza è subentrata l’artrosi e poi l’osteoporosi.

Infatti a seguito di tutto ciò in questi quattro anni ho subito 4 interventi: due protesi alle anche con relativa rottura del bacino a causa della fragilità ossea, la sostituzione della valvola aortica e la rottura del tendine d’Achille.

Dovrei operarmi a causa della patologia alle ginocchia e alla cataratta con relativo trapianto di cornea.

Beh, mi chiederete come si vive? Non certo bene.

Fino a qualche anno fa vivevo la vita dicendo “Mah, per ora mi accontento, poi si vedrà!” Oggi che la situazione è peggiorata vivo la vita momento per momento, dolori permettendo perché di dolori ce ne sono e tantissimi.

Io cerco di distrarmi come meglio posso per dimenticare le sofferenze.

Certo non è facile come non è facile spiegarle a chi non la vive.

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La storia di Rita

"Questa la cronistoria della mia alcaptonuria:

autunno 1985, mentre andavo a prendere l’autobus inspiegabilmente caddi, non mi feci domande, avevo mille cose da fare, ero pendolare e dovevo raggiungere la mia città in tempo per riprendere i miei bambini all’asilo. Riportai la rottura del menisco al ginocchio sinistro, due anni dopo feci l'intervento chirurgico, dopo altri due anni fui operata di menisco all'altro ginocchio.

inverno 1986, mi bloccai tre volte per una lombosciatalgia. Dopo una serie di infiltrazioni senza risultato mi fu prescritta una radiografia alla colonna vertebrale che evidenziò una discreta riduzione dei dischi e un importante scivolamento fra il bacino e il torace. L’ortopedico definì la mia colonna come quella di una ottantenne e mi propone una visita a Lione (c/o il centro Edmond Locare) da uno specialista della colonna vertebrale. Questi mi diagnosticò subito l’AKU e mi prescrisse una serie di analisi fra le quali la ricerca dell'acido omogentisinico e mi propose un ricovero di 15 giorni dove imparai a svolgere le faccende domestiche con movimenti appropriati alla mia colonna e una ginnastica che ho praticato per molti anni. Mi fecero anche un busto rigido che ho portato per diversi anni.

Feci l’analisi dell’acido omogentisinico all’ospedale pediatrico Mayer di Firenze. L'esito fu positivo. Il professore, inizialmente restio ad eseguire per me il suddetto accertamento, mi chiese di fare l’ esame ai miei familiari, 14 persone, poiché c’era una probabilità del 25% di trovare altri malati dato che i miei genitori erano figli di due fratelli. Tra i miei 9 fratelli/sorelle, una sorella risultò positiva. Per un anno feci una dieta povera di proteine con l’assunzione del tiroxina associata alla vitamina C ma i risultati furono irrilevanti.

Circa 10 anni dopo lo stesso professore mi telefonò per comunicarmi che aveva deciso di iniziare gli studi per la ricerca della localizzazione e della mutazione del gene portatore della malattia. Mi chiedeva la collaborazione mia e della mia numerosa famiglia. Contattai tutti i parenti vicini e lontani, tutti furono disposti ai prelievi di sangue necessari allo studio. Fu portato il mio sangue, quello dei miei figli e di mio marito, dei miei genitori e di tutti i miei fratelli e sorelle. Quello di vecchi zii, di cugini e figli di cugini e dei figli dei figli dei miei cugini già nonni. Non sono mai riuscita ad avere la mappa.

maggio 1994, mentre camminavo con i miei due bambini di 10 e 11 anni sentii un rumore secco, sembravano due spari ma, subito dopo sentii un dolore lancinante alla caviglia sinistra, si era rotto il muscolo, mi comportò due mesi di disagio e un conseguente ispessimento del tendine di achille.

gennaio 1997, dopo una notte passata in preda alla scialorrea accusai un dolore retrosternale acuto La gastroscopia rivelò l’ernia iatale che nel 2004 fui costretta ad operare per la conseguente esofagite di II grado.

dicembre 1998, in una caduta improvvisa e inspiegabile si ruppe l’ulna e il capitello radiale del braccio destro. Mi fu applicata una placca.

gennaio 2001, mentre scendevo da un marciapiede avvertii un forte dolore al ginocchio sinistro, una passante mi soccorse appena in tempo per non cadere. Si era rotto il tendine rotuleo.

primavera del 2003, nel giro di medici che consultavo per risolvere una macroglossia che mi affliggeva da qualche anno incontrai un medico che mi parlò di un gruppo di lavoro sull’alcaptonuria c/o il reparto di reumatologia dell’ospedale di Siena. Mi propose un ricovero finalizzato al mio problema ma esteso a quanto fosse stato necessario alla ricerca scientifica. Non esitai e mi sottoposi a numerosissimi accertamenti ed analisi, di cui conservo copia dei risultati, ma non risolsi il problema macroglossia che ancora ho. Da qualche giorno ho scoperto che forse questo dipende dall’amiloidosi, un’altra malattia associata o forse conseguenza dell’AKU.

maggio 2005, dopo anni di cure con l’eutirox fui costretta ad asportare la tiroide, la trovarono piena di materiale colloso;

agosto 2005, di nuovo un dolore sciatico che dopo qualche mese finì con l’impianto di una protesi prima all’anca destra, poi a quella sinistra (l’intervento all’anca destra fatto il 27 gennaio fu ripetuto il 4 febbraio, cioé una settimana dopo perché il mio osso osteoporotico, non resse la protesi, fu necessario il trapianto osseo);

autunno 2008, con l’ insorgere di una tachicardia il cardiologo, tramite l’'eco cuore, vide deposito di materiale nella valvola aortica, da quel momento sono tornata a controllo tutti gli anni. A settembre 2011 mi è stato riscontato un netto peggioramento e la necessità di un intervento di sostituzione della valvola cardiaca entro sei mesi. Ho dovuto rinviare il già previsto intervento di protesi al ginocchio destro. Ad oggi sono in attesa della chiamata, meno male che la coronografia di ottobre 2011 non ha evidenziato problemi alle coronarie.

luglio 2010, ancora una volta sono caduta in un attimo e senza alcun motivo. Mi sono rotta tre costole, ma questo l’ho capito da sola dai fortissimi dolori durati oltre tre mesi, perché dalle radiografie i medici riscontravano solo fratture pregresse, anche se prima non ero mai caduta di schiena.

Devo dire che i medici del pronto soccorso mi hanno detto che le radiografie e le ecografie fatte al torace e all'addome mostravano una patina che offuscava le immagini. Cosa che mi hanno ripetuto anche quando ho fatto la moc nella primavera del 2011.

Intanto non riesco più a stendere le braccia per borsite ai gomiti e dolori alle spalle. La borsite è presente anche ad entrambi i talloni, più recentemente il collo mi si sta spingendo in avanti tanto che dovrei far allungare i miei collier. Il palmo di entrambe le mani è dolorante.Le mie ginocchia sono in ginocchio sotto tutti i punti di vista (ossa, tendini, legamenti ecc…)

Naturalmente ho le urine scure, le macchie negli occhi, le orecchie blu e le unghie grige e nell'ultimo anno anche il mio naso è blu. Dal 1997 ho la lingua ingrossata (tutte le indagini fatte non hanno risolto).

L’alcaptonuria ha attaccato per prima la mia colonna vertebrale, ho perso quasi 15 centimetri di altezza con tutte le conseguenze della funzionalità scheletrica e degli organi interni e tantissimi dolori oltre alla perdita progressiva dell’autonomia a fare alcune cose come chinarmi. E pensare che inizialmente mi preoccupavo del mio aspetto estetico.

Non faccio cure particolari per l’AKU, prendo la compressa sostitutiva dell’ormone tiroideo, un antiacido e, recentemente il cardirene e il lasix per il cuore. Nei primi sei anni di menopausa ho fatto la cura sostitutiva con il Premelle e la vitamina D in bustine.

Mia sorella di 59 anni all’età di 30 subì un intervento al rene che risultò mal funzionante per il deposito di una strana sostanza, così decretarono i medici nel 1980. Nel corso degli anni si è operata di ernia del disco e di fegato, di menisco ad un ginocchio e successivamente di protesi allo stesso ginocchio, è anche portatrice di una protesi d’anca e ha subito un intervento ad entrambe le spalle ma senza protesi. Ad oggi ha le braccia quasi completamente bloccate e le gambe quasi paralizzate. Negli ultimi mesi le hanno riscontrato la cauda. Per ora scrivo fine a questa storia ma so purtroppo che continuerà a meno che il prossimo intervento vada male. Spero proprio di no. Vorrei vedere sistemati i miei meravigliosi figli e perché no la nascita dei nipotini.

Il libro di Rita

Rita Acunzo ha scritto un libro con la sua esperienza di vita. S'intitola "Una vita con l'alcaptonuria", è un testo che esprime la grande forza di Rita, la sua vivacità, il suo spirito guerriero che non la fa mai arrendere e che trasmette ai lettori. La seconda edizione aggiornata è disponibile presso aimAKU.